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Libero arbitrio.

Libertà di giudicare e agire, di determinare e di scegliere, indipendentemente da ogni causa esterna (umana o divina) o interiore o istintiva dell'individuo. Per quanto riguarda la sua accezione intrinseca più ampia, fatta propria da San Tommaso, il l.a. tende a coincidere con la stessa volontà libera e questa con la volontà del bene, l'espressione fu generalmente usata in età medioevale per indicare una libertà circoscritta alla possibilità per l'uomo di scegliere o di non scegliere. Per Sant'Agostino esistono due concetti di libertà: la libertà iniziale, posseduta da Adamo prima che intervenisse il peccato originale (libertà di poter non peccare) e la libertà finale, che sarà data da Dio come premio (libertà di non poter peccare). Lo stato iniziale, assolutamente libero, può essere pensato finché resta come tale, nell'assoluta indifferenza per il bene e per il male. Tale indifferenza è il liberum arbitrium indifferentiae, intorno al quale si è lungamente discusso nel corso del Medioevo. Si tratta di una concezione restrittiva, secondo cui, nella stessa possibilità di scelta, la sfera della libertà si restringe notevolmente, se si considera che il l.a. può sussistere solo nell'equilibrio, ovvero nell'indifferenza, verso ciò che si è chiamati a scegliere. Secondo tale concezione, la libertà verrebbe infatti a cadere qualora all'indifferenza si sostituisse l'attrazione per una delle cose da scegliere. Particolarmente interessante, al riguardo, è la teoria del filosofo trecentista Giovanni Buridano, volgarizzata dall'esempio dell'asino che muore di fame perché indeciso a scegliere tra due fasci di fieno uguali, secondo cui, qualora vi fosse una valutazione uguale da parte dell'intelletto di due oggetti, la volontà non potrebbe decidersi alla scelta dell'uno anziché dell'altro. Pertanto, secondo questa teoria, la preferenza è un atto pratico, non soggetto a una valutazione teorica. La scelta riguarda invece i fini (o valori) e non i mezzi. Essa non può quindi essere considerata un arbitrio, ma una liberazione da ciò che impedisce l'attuazione del fine, per esempio dalle passioni. Per Lutero, invece, poiché l'uomo, se lasciato nell'assoluta libertà di scelta, è incapace di scegliere il bene, il l.a. dev'essere considerato servo arbitrio (De servo arbitrio). Comunque il termine, largamente usato e disputato in età medioevale, è oggi sostituito da quello più ampio e concettualmente comprensivo di libertà. In tale più ampia dimensione, un concetto di libertà che si avvicina all'arbitrium indifferentiae è quello presente in S. Kierkegaard, per il quale la libertà iniziale non è nel passato, ma si ritrova nell'istante e ognuno può ritrovarla pensando a sé come al primo uomo, cioè annullando il passato in modo da venirsi a trovare di fronte al nulla. Una libertà iniziale ritrovata, ma vissuta nell'angoscia.